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Globe Duo, flauto e chitarra da Ibsen al blues

Ci si trova anche Dvorak che fa il blues in questo disco, registrato da due rigorosissmi musicisti classici come Costanza Savarese e Andrea Oliva. Lui è il primo flauto solista al Santa Cecilia, lei è forse la più talentuosa della nuova generazione di chitarristi (si ascolti la pronuncia chiara e la precisione delle sue esecuzioni bachiane per conferma). Insieme fanno il Globe Duo; il Cd si chiama Morning. Un tentativo di trovare nuove strade, un riuscitissimo esempio di “contaminazione”, che non è una parola modaiola: “contaminatio” è, classico per classico, termine ciceroniano.

Giusto e bello che i musicisti classici registrino musica comprensibile ai più, giusto che il classico diventi all’occorrenza, anche pop. Ma c’è modo e modo di farlo. Il Globe Duo sceglie quello più sfaccettato, e senza nessuna pretenziosità, più colto.
Torniamo appunto a Dvorak per spiegare meglio: nel disco si trova, tra l’altro, tutta la sonatina per violino e pianoforte op 100. Al di là del piacere di trovare il flauto come strumento melodico, e la chitarra che insegue, doppia, duetta in contrappunto al posto del piano, c’è la suggestione afroamericana del Larghetto, che fu scritto dal compositore ceco nel 1893 dopo aver ascoltato un canto di schiavi neri in Minnesota. Ed è un piacere in più trovare l’imprinting pentatonico, le settime bemolli come armonia modale comanda (e orecchio blues apprezza) in musica della grande tradizione europea.

Valga questo esempio come cifra complessiva del disco, quindi: l’ascoltabilità, la piacevolezza fatta di rimandi fra tradizioni, dove quelli più impliciti sono anche i più gustosi. Un ampio excursus è dedicato alla Peer Gynt suite di Edvard Grieg, che mette in musica l’omonimo poema di Henrik Ibsen, e che comprende brani famosissimi come Morning, e Nell’antro del re della montagna. Quest’ultimo l’abbiamo ascoltato in colonne sonore di film come il dostoevskijano Idiota di Akira Kurosawa, e perfino in rifacimenti abbastanza trucidi come quello del gruppo metal Savatage.

E per restare sul crinale tra rock e classica bisogna segnalare anche la Pavane di Gabriel Faurè, coverizzata a suo tempo dai Jethro Tull. E trattandosi alla fine di flauto e chitarra non poteva mancare una versione dell’Aranjuez di Rodrigo, che sollecita il paragone con giganti come Segovia, Miles Davis e Paco De Lucia, ma non intimidisce i due. Giovani. Intrepidi. Felicemente contaminati.

Fonte: Il Giornale Off